La
compagnia dei caciaroni ama quel gioco fisico e grosso che si svolge intorno ad
una palla ovale. La storia dice che la forma ovale proviene dalla vescica del
maiale, prima camera d'aria naturale che, ricoperta da strisce di pelle,
diventò caratteristica inconfondibile del gioco del rugby.
Intorno
al pallone così diverso nacque uno sport altrettanto diverso, tanto rude nel
suo compiersi quanto amabile nella sua filosofia.
Come il
rispetto per l'avversario possa passare anche attraverso placcaggi devastanti è
una sorta di segreto che solo i giocatori conoscono nel dettaglio.
E' una
lotta totale in cui interviene la forza fisica sostenuta dalla velocità, dalla
resistenza ma anche dal coraggio e dall'abnegazione.
All'interno
di questa lotta solo l'occhio esperto può scorgere quanta astuzia, visione di
gioco e strategia possano celarsi.
La
compagnia dei caciaroni è formata da giocatori sopra i 35 anni, la maggior
parte di loro sconquassati dalle innumerevoli partite giocate fin dalla più
tenera età ma ancora non domi e pronti a scendere in quei campi terrosi con lo
scarpino tacchettato.
La
maggior parte di loro così intrisi di rugby da non saper resistere
all'atmosfera trepidante del giorno della partita.
La
maggior parte di loro così appassionati da coinvolgere in quel turbinio anche
neofiti puri, gente che ha conosciuto il rugby a quarant'anni e,
immancabilmente, se ne è innamorata.
La
compagnia dei caciaroni gioca una volta al mese, si allena il giovedì sera
accogliendo chiunque voglia condividere quell'esperienza, poi si siede a tavola
nella clubhouse della società che dà vita a un'altra serie di squadre per tutte
le età.
Insomma
si gioca, si mangia e si beve e a volte si canta.
E tutto
è già un gran lusso.
Del
rugby si è detto molto, in bene e in male, le leggende che circolano su alcune
avventure di mezzi uomini e mezzi tori si sprecano, le routine che i giocatori
attuano per suscitare le cure degli astri prima degli incontri suscitano
scalpore e le gesta goliardiche dei dopo partita rimandano ai film di cappa e spada.
Il
nostro soprannome: le Orche, siamo i compagni stagionati dei più giovani,
ancora in agonismo, Squali della Pro Recco Rugby.
Pratichiamo
questo gioco con estremo godimento inducendo sguardi increduli nelle nostre
compagne che fanno ancora fatica a capire fino in fondo il gusto di certi
barbari divertimenti.
Quando
ci scrutano al fine della partita e colgono passi incerti, abrasioni e borli un
po' dappertutto si pongono forti dubbi rispetto al nostro equilibrio mentale.
Poi ci vedono sorridere, condividere il fango con forti abbracci e cantare
impugnando una birra e tutti i dubbi svaniscono… o meglio si assopiscono per
rinnovarsi durante la successiva partita.
Noi
eterni giocherelloni viviamo questo sport con lo spirito di chi non si ferma se
dopo c'è da festeggiare insieme.
Il rugby
ha creato il terzo tempo, forse una delle invenzioni più romantiche nella
storia: dopo la partita si mangia insieme agli avversari che, dopo il fischio
finale dell'arbitro, sono diventati compagni.
Il rugby
ha inventato anche questo, è fantastico, tutti noi ne siamo consapevolmente
fieri.
Procediamo
così, facendo lo slalom tra acciacchi e infiammazioni, talvolta inforcando
fantozzianamente, talvolta, senza troppa vergogna, ci sentiamo un po' eroici.
Incontriamo
altre squadre con il nostro stesso spirito, che hanno coniato nomi improbabili
per i loro team quali: Old Babbions, Old Blacks, Taka 'Tani, Bislunghi,
Muccati, eccetera.
Partecipiamo
a tornei insoliti la cui locandina, così nutrita di allusioni al cibo e al
bere, sembra più vicina a promuovere la sagra della porchetta piuttosto che un
evento sportivo.
Si
partecipa a codesti tornei, si gioca e si torna a casa un po' malconci ma
abbastanza felici per ricordarne insieme le fasi più rocambolesche condite da
grasse risate.
Accadde un giorno che ci fu proposto di partecipare ad uno
spettacolo teatrale che aveva come scopo di sensibilizzare una volta di più il
tristo tema della violenza perpetrata a scapito delle donne. Le adesioni furono
molte e decidemmo, insieme agli autori, di cominciare un giovedì sera dopo
l'allenamento.
Quando
l'orda di goliardici caciaroni si spostò dallo spogliatoio all'improvvisato
palcoscenico per iniziare le prove dello spettacolo avvenne qualcosa che potrei
definire magico: le sagome più varie, le personalità più variopinte e le
energie più disparate si sono compattate in un cerchio di debuttanti attori
pronti a impugnare sensazioni e trasformarle in parole.
Nel
silenzio si avvertiva la concentrazione, l'entusiasmo e l'impegno dei più
consueti appuntamenti sportivi.
Allora
pensai che l'anima del rugby era presente anche in quel momento, quando le
forze di tutti convergono in armonia verso quell'unica, agognata, meravigliosa meta.
Tanto mi
ha spinto a scriverne.
L’uomodelcerino
Fiero di essere in qualche modo partecipe a questa manifestazione di libertà!
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