Me compreso.
Albe spiega l'esercizio e, nel migliore dei casi, al primo tentativo qualcuno si caga il pallone. Nel peggiore, lo fa cadendo e prendendo una calcagnata nei bassifondi. Ma tace e trattiene l'urlo fantozziano, forse perché si vergogna.
Esercizi facili, eh? mica roba da Player of the year: né Dan Carter, né Brian Habana. Quattro gruppi agli angoli di un quadrato, si corre dritti e si passa la palla. Facile no? Solo che ogni tanto, oltre al solito pallone che va da tutte le parti – rigorosamente da solo e non in mano a qualcuno – si assiste a qualche sportellata che manco a Vallelunga quando correvano le Abarth e le Giannini…
Oppure gli shuttle, corsa fino ai cinque metri, tocco a terra, indietro e tocco a terra, avanti e indietro così per cinque volte. Regolarmente alla terza qualcuno sbanda, o si ferma, oppure corre in cerchio; basta poco per fermare l'afflusso d'ossigeno al neurone, triste e solitario, che ci alberga nel cranio.
Per fortuna l'Uomodelcerino, uno dei pochi non–piloni, rallenta la tortu… l'allenamento con un po' di stretching. E per fortuna, non è indispensabile, nello stretching, riconoscere la destra dalla sinistra. Basta fare l'esercizio (più o meno quello proposto da Sergio) una volta da una parte e una dall'altra. Non giurerei di riuscire a farlo, io stesso, un numero pari di volte. Già faccio l'esercizio, dovrei anche contare?
Ogni tanto, AleUgo si mette d'impegno e spiega chiaramente cosa dobbiamo (dovremmo) fare, in linguaggio che anche un bambino può capire.
Già, un bambino. Ma un pilone?
Tutti piloni, anche i tre-quarti.
Ma la somma, il succo, il significato di tutto questo lo dà Piero in club–house: «Ma che cavolo di vita ho vissuto, prima di conoscervi?»
Sabato 16 novembre si gioca. A Recco, col Cus Pisa.
E vediamo di non esagerare con la pilonaggine.
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