Metto in rete ancora una volta un brano di un testo inedito, brano che già pubblicai in altro sito internettiano, tempo fa. Qualche lieve modifica è stata apportata, rispetto all'originale; inoltre, qui come nel post precedente è stato per Big, non mi sto facendo bello con le parole di altri, è farina del mio sacco. Credo che quasi nessuno delle Orche lo abbia mai letto prima d'ora, per cui, enjoy it…
Può
 darsi che correre dietro a un sacco pieno di vento sia un'attività 
stupida. Certamente lo è se lo si fa in gruppo, tutti in pantaloncini 
corti e con l'unico intento di sottrarre detto sacco a un altro gruppo 
similare per andare a depositarlo – ripetiamo: il sacco – in un 
particolare settore del prato su cui si sta per l'appunto sgambettando 
disinvoltamente in mutandoni. Volendo, è facilissimo rincarare la dose: 
sociologi, filosofi e dotti studiosi delle discipline più disparate 
hanno indagato per secoli (se non per millenni) cercando il quid che differenzi l'uomo dalla bestia.
"L'uomo
 è un animale sociale", tanto per cominciare dall'antica Grecia, oppure 
"È stato creato così perché fatto a immagine e somiglianza di dio". Di 
quale dio poi si tratti, in realtà non si è mai saputo con precisione, 
ma ci stiamo occupando di altro al momento.
Più
 di recente, è stata avanzata l'ipotesi che la capacità di ridere sia 
uno degli elementi realmente distintivi dell'essere umano; e in effetti,
 consci del fatto che il riso abbonda sulla bocca degli stolti, si 
potrebbe pensare che ciò abbia messo fine all'affannosa ricerca.
Il
 dubbio sorge (anzi: risorge) non appena vediamo l'espressione gaudente 
del nostro cane, quando rientra dal giardino, dove ha da poco seppellito
 con estrema soddisfazione un mezzo panino trafugato con abilità dal 
tavolo della cucina. Non solo il naso sporco di terra lo tradisce: c'è 
pure il suo sogghigno beffardo, rivelatore inequivocabile della 
malefatta e del divertimento tràttone.
Allora
 ci rivolgiamo ad argomenti più truci: "L'uomo è l'unico essere che 
uccide per divertimento". Ma non tutti gli uomini, e per fortuna, sono 
così: piuttosto va precisato come il limitatissimo numero di serial 
killer in circolazione (i quali, tra l'altro, non è detto si divertano 
poi tanto…) eviti l'estinzione della specie homo sapiens sapiens (per
 quanto, ciò potrebbe essere un bene per il pianeta Terra) e rivelandosi
 un'affermazione applicabile solo a un'esigua minoranza, decade 
immediatamente di validità.
Vediamo
 quindi come tutta questa faticosa, logorante, complicata speculazione 
abbia prodotto invero miseri risultati. E di conseguenza, essendo le 
risposte al quesito iniziale alquanto difformi e spesso in aperta 
contraddizione tra loro, ci vien da supporre che il problema sia 
innanzitutto assai lontano dall'essere risolto e in seconda battuta…
…che tutto sommato non sia nemmeno un problema.
Infatti,
 la soluzione esiste, ed è pure molto semplice: la vera, reale, 
sostanziale differenza tra l'essere umano e gli animali è il gioco del 
rugby. Il sacco di vento inseguito da trenta energumeni in braghette. La
 partita di scacchi giocata in velocità su un prato.
Va
 be', adesso non state a pignolare e a tirar fuori la storia dei 
giocatori di prima linea: sono quindici i componenti di una squadra, e 
dodici di loro non sono piloni o tallonatore. Per cui, la differenza tra
 l'uomo e la bestia è dimostrata, sia pure a maggioranza e non 
all'unanimità.
Si
 aggiunga a tutto questo che, molto spesso, in mezzo a quella frotta di 
persone (e abbiamo ormai stabilito che di creature pensanti si tratti, 
non di belve) che braccano una vescica di maiale (o almeno l'oggetto che
 ne ha preso il posto) troviamo fior di avvocati, medici, ingegneri, 
letterati e altri eruditi nelle scienze e arti più nobili. In combutta, 
pari tra i pari, con metalmeccanici, minatori, manovali senza 
specializzazione alcuna e altri che di lettere hanno esperienza solo 
perché – absit iniuria verbis – ne eseguono il recapito.
A lato di tutto ciò, il semplice e tuttavia clamoroso fatto per cui il qui presente blogger bastian contrario
 sia diventato felice e orgoglioso partecipe di una (o più) di tali equivoche compagnie, 
riesce pertanto a riappacificarlo in toto con l'universo mondo, crudo e 
patrigno, il quale troppo spesso gli nega la benché minima soddisfazione 
spirituale.
E spesso, ahimé, financo materiale.
 
 
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