L'avventura scozzese comincia giovedì mattina con Fabio protagonista: quattro ore prima dell'orario previsto per la partenza era già a smarronare col telefonino dove siete cosa fate a che ora arrivate siamo qui che vi aspettiamo e che due coglioni.
Ribattezzato dal sagace Shaggy: Nonno Nardi, produzione mozzarelle e stracchino…
Senza problemi, checchè ne dica l'ex Silent assassin, siamo sull'aereo diretto a Londra, dove troveremo la coincidenza per Edimburgo (quasi quattro ore a Gatwick, dove non abbiamo nemmeno potuto fare un 'toccatino') e già comincia la raffica di minchiate che ha caratterizzato tutto il viaggio.
(Brevemente, più che posso: il figlio di un emiro arabo scrive a casa dagli States dove frequenta l'università: "Caro padre, io tutte le mattine vado all'università con la Lamborghini placcata oro che mi hai regalato, ma mi vergogno perché tutti i miei compagni di corso vengono col treno". Risposta quasi immediata del padre: "Caro figliolo, ti ho fatto un bonifico di venti milioni di dollari, comprati un treno anche tu e non farci fare brutte figure").
E per pietà, manterrò ben celati i nomi dei colpevoli. Arriviamo a Edimburgo più o meno in orario, e nel tipico clima scozzese, nuvoloso e freddo, andiamo al nostro ostello; a seguire, in Grassmarket, una delle storiche piazze della città, all'ombra del castello, a mettere qualcosa sotto i denti.
L'ovvia constatazione di uno di noi, che si rivelerà più che vera: "Ragazzi, a parte lo stadio, questa piazza sarà l'unica cosa che vedremo di Edimburgo". E così è stato, salvo poche (pochissime) eccezioni.
Il pub della prima sera è il Black Bull, birra e cibo di discreta qualità, ma non per tutti. Il piatto tipico locale è l'hagis, un insaccato di interiora di pecora (cuore, polmone, fegato), macinate insieme a cipolla, grasso di rognone, farina d'avena, sale e spezie, mescolati con brodo e bollite tradizionalmente nello stomaco dell'animale per circa tre ore. Servito con una coppettina di latte e whisky. Alcuni non se la sono sentita, e hanno ripiegato sui più classici fish and chips – ma Albe ha chiesto una bistecca e gli è arrivato lo spezzatino.
Venerdì giornata libera: con Albe e il (Pussy)Doc prendiamo il tram e andiamo al Murrayfield a ritirare i biglietti per la partita Scozia–Italia di sabato. Partiamo con qualche sprazzo di sole e arriviamo (quattro fermate dopo) con la pioggia. Se per caso vi foste dimenticati di essere a Edinburgh. Al botteghino c'è una ragazza italiana che lavora lì, quindi ce la caviamo molto bene; per fortuna gli scozzesi sono ben organizzati.
Breve pausa pranzo, con Helsinki che non riesce a capacitarsi di come possano gli scozzesi mantenere una dieta del genere. "Ma li vorrai mangiare due fagiolini bolliti, ogni tanto?", si chiede sconsolato. Al che gli suggerisco che, in genovese, i cibi tipici della Scozia (ma non solo) sono riassumibili in una parola singola: rumenta. Dopo di che, ci si prepara per andare alla club–house dell'Inverleith Rugby Football Club, i nostri avversari dell'indomani (mattina).
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