Venerdì sera, siamo nella club house dell'Inverleith Rugby Football Club: tutti in camicia e cravatta, sembriamo proprio degli ometti per bene. I nostri amici non sono numerosi, e una buona percentuale di loro è ben al di sotto della quota 'old', 35 anni. In compenso, quelli che hanno e dimostrano l'età giusta, hanno aspetti poco rassicuranti. Non so perché, ma si intuisce che hanno confidenza con il pallone ovale; d'altra parte, siamo in un distretto che in pochi chilometri quadrati vede alcune decine di campi da rugby. Va be', ci diciamo, peggio che con i gallesi del Seven Sisters non potrà finire.
Io mi dedico al sidro, lasciando le birre agli altri, e ci viene offerto qualcosa da mangiare: hagis, manco a dire. Cibo che, associato al freddo, mette ko Micky: l'indomani arriverà al campo ridotto a uno straccetto, ma scenderà in campo e farà la sua parte. In club house cantiamo l'inno del Recco, spiegando come è nato e quando. La melodia è quella di 'Flowers of Scotland', l'inno nazionale scozzese, solo le parole sono diverse; bisogna dire che sembrano apprezzare il fatto che noi siamo così 'pro–Scozia'.
Sabato mattina, qualcuno mugugna per l'orario (calcio d'inizio previsto alle 10:30), ma siamo puntuali al campo. Purtroppo mancano le chiavi degli spogliatoi, perciò a un certo punto ci cambiamo lì sul prato e giochiamo. Altrimenti poi facciamo tardi per la nazionale.
Il primo tempo ci vede costantemente nella metà campo dell'Inverleith, spesso dentro i loro ventidue, con AleUgo che segna l'uno a zero verso il decimo minuto, riuscendo a passare nella loro linea difensiva dopo un paio di percussioni e l'apertura del pallone verso il nostro schieramento dei tre-quarti. Ale parte più o meno dalla posizione di secondo centro, sulla nostra sinistra e trova il varco. Si continua sulla stessa falsariga, ma non realizziamo altre mete. Nel secondo tempo cambiamo un bel po' di giocatori; anche loro, ovviamente, e la loro età media si abbassa. Pareggiano grazie a una specie di intercetto nel gioco ravvicinato, mentre siamo ben dentro i loro 22. Poi segnano altre tre volte sfruttando il gioco aperto dei backs. Riescono a creare il sovrannumero, e lo sfruttano. Ma le Orche non si siedono, comunque, la partita termina con una bella maul che Alberto conclude in meta per il 4–2 finale.
Finito il match, scopriamo che le chiavi dello spogliatoio non sono ancora arrivate. Aspettiamo un po', poi facciamo il conto di quanto ci manca alla parita al Murrayfield. Così, ancora con le scarpe coi tacchetti, i pantaloncini e le maglie (e le gambe, le facce, le mani) sporche di fango, prendiamo l'autobus e torniamo all'ostello, a fare la doccia. Se qualcuno tra quelli che ci hanno visto ha pensato che eravamo matti, non lo ha dato assolutamente a vedere.
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