le Orche

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domenica 23 marzo 2014

Rugby, ma non solo


La compagnia dei caciaroni ama quel gioco fisico e grosso che si svolge intorno ad una palla ovale. La storia dice che la forma ovale proviene dalla vescica del maiale, prima camera d'aria naturale che, ricoperta da strisce di pelle, diventò caratteristica inconfondibile del gioco del rugby.
Intorno al pallone così diverso nacque uno sport altrettanto diverso, tanto rude nel suo compiersi quanto amabile nella sua filosofia.
Come il rispetto per l'avversario possa passare anche attraverso placcaggi devastanti è una sorta di segreto che solo i giocatori conoscono nel dettaglio.
E' una lotta totale in cui interviene la forza fisica sostenuta dalla velocità, dalla resistenza ma anche dal coraggio e dall'abnegazione.
All'interno di questa lotta solo l'occhio esperto può scorgere quanta astuzia, visione di gioco e strategia possano celarsi.
La compagnia dei caciaroni è formata da giocatori sopra i 35 anni, la maggior parte di loro sconquassati dalle innumerevoli partite giocate fin dalla più tenera età ma ancora non domi e pronti a scendere in quei campi terrosi con lo scarpino tacchettato.
La maggior parte di loro così intrisi di rugby da non saper resistere all'atmosfera trepidante del giorno della partita.
La maggior parte di loro così appassionati da coinvolgere in quel turbinio anche neofiti puri, gente che ha conosciuto il rugby a quarant'anni e, immancabilmente, se ne è innamorata.
La compagnia dei caciaroni gioca una volta al mese, si allena il giovedì sera accogliendo chiunque voglia condividere quell'esperienza, poi si siede a tavola nella clubhouse della società che dà vita a un'altra serie di squadre per tutte le età.
Insomma si gioca, si mangia e si beve e a volte si canta.
E tutto è già un gran lusso.
Del rugby si è detto molto, in bene e in male, le leggende che circolano su alcune avventure di mezzi uomini e mezzi tori si sprecano, le routine che i giocatori attuano per suscitare le cure degli astri prima degli incontri suscitano scalpore e le gesta goliardiche dei dopo partita rimandano ai film di cappa e spada.
Il nostro soprannome: le Orche, siamo i compagni stagionati dei più giovani, ancora in agonismo, Squali della Pro Recco Rugby.
Pratichiamo questo gioco con estremo godimento inducendo sguardi increduli nelle nostre compagne che fanno ancora fatica a capire fino in fondo il gusto di certi barbari divertimenti.
Quando ci scrutano al fine della partita e colgono passi incerti, abrasioni e borli un po' dappertutto si pongono forti dubbi rispetto al nostro equilibrio mentale. Poi ci vedono sorridere, condividere il fango con forti abbracci e cantare impugnando una birra e tutti i dubbi svaniscono… o meglio si assopiscono per rinnovarsi durante la successiva partita.
Noi eterni giocherelloni viviamo questo sport con lo spirito di chi non si ferma se dopo c'è da festeggiare insieme.
Il rugby ha creato il terzo tempo, forse una delle invenzioni più romantiche nella storia: dopo la partita si mangia insieme agli avversari che, dopo il fischio finale dell'arbitro, sono diventati compagni.
Il rugby ha inventato anche questo, è fantastico, tutti noi ne siamo consapevolmente fieri.
Procediamo così, facendo lo slalom tra acciacchi e infiammazioni, talvolta inforcando fantozzianamente, talvolta, senza troppa vergogna, ci sentiamo un po' eroici.
Incontriamo altre squadre con il nostro stesso spirito, che hanno coniato nomi improbabili per i loro team quali: Old Babbions, Old Blacks, Taka 'Tani, Bislunghi, Muccati, eccetera.
Partecipiamo a tornei insoliti la cui locandina, così nutrita di allusioni al cibo e al bere, sembra più vicina a promuovere la sagra della porchetta piuttosto che un evento sportivo.
Si partecipa a codesti tornei, si gioca e si torna a casa un po' malconci ma abbastanza felici per ricordarne insieme le fasi più rocambolesche condite da grasse risate.
Accadde un giorno che ci fu proposto di partecipare ad uno spettacolo teatrale che aveva come scopo di sensibilizzare una volta di più il tristo tema della violenza perpetrata a scapito delle donne. Le adesioni furono molte e decidemmo, insieme agli autori, di cominciare un giovedì sera dopo l'allenamento.
Quando l'orda di goliardici caciaroni si spostò dallo spogliatoio all'improvvisato palcoscenico per iniziare le prove dello spettacolo avvenne qualcosa che potrei definire magico: le sagome più varie, le personalità più variopinte e le energie più disparate si sono compattate in un cerchio di debuttanti attori pronti a impugnare sensazioni e trasformarle in parole.
Nel silenzio si avvertiva la concentrazione, l'entusiasmo e l'impegno dei più consueti appuntamenti sportivi.
Allora pensai che l'anima del rugby era presente anche in quel momento, quando le forze di tutti convergono in armonia verso quell'unica, agognata, meravigliosa meta.
Tanto mi ha spinto a scriverne.
L’uomodelcerino

sabato 15 marzo 2014

Ireland's call IV

Ladies and gentlemen,
cari e più o meno affezionati lettori del blog delle Orche Recco rugby old club, riporto qui uno scambio di mail tra partecipanti al tour Dubliners di marzo 2014. La prima – a tratti ermetica, o meglio criptica, per la maggioranza dei lettori – proviene da Shaggy, altrimenti detto Succedaneo:
«Intanto grazie Map per i tuoi sempre puntuali resoconti, però, a onor del vero mi sembra giusto far presente che i giovani d'Irlanda hanno iniziato e proseguito per tutto o quasi il primo tempo in 12 e non in 13. Il tredicesimo s'è visto dal secondo tempo ed in quindici ci sono stati solo per un minuto e 12 secondi circa del terzo.
Ma se contiamo i buchi nei fasci muscolari fanno 102, se invece li guardiamo come contratture fanno 204.
Comunque bravi tutti lo stesso, non gli mancava certo il fisico.
Grazie ragazzi, tre giorni magnifici che spero quanto prima di ripetere.

Il vostro chauffeur di fiducia
Shaggy»
La risposta è di Bastian Contrario, cioé mia, alias il Biondo, alias altro ancora ma lasciamo correre. Il buon Shaggy, bravissimo ragazzo, veloce ala, calciatore pentito e convertito al rugby (quindi apostata, per l'italiano medio), non ha a mio modestissimo avviso eccelse doti di pilota, né tampoco il mezzo adatto a essere pilotato:
«Caro Shaggy e gentlemen tutti,
nel 1908, quando Bob Deans morì, chiamò veramente i nipoti al suo capezzale per dir loro che la sua meta contro il Galles era valida o si tratta solo di una leggenda? A noi, a tutti noi, piace pensare che sia vero. Non lo sapremo mai, veramente, ma ciò non è importante, non lo è affatto. Buona notte
il Biondo
p. s.

Ho avuto la fortuna di salire su un'auto guidata (anzi, pilotata) da un campione italiano rally 2° serie. Mi ispirava più fiducia lui, quanto a chauffeurs»
E la conclusione non poteva essere che di the Brain:
«Caro Biondo,
grazie del dettagliato resoconto. E' stato bellissimo, vi ringrazio tutti, proprio tutti, di esistere e delle emozioni che mi fate provare.
Non so cosa disse Bob Deans, so solo che io tutti i cazzo di giorni che mi separeranno dal trapasso, al risveglio e prima di dormire, dirò che la mia era meta.

Talvolta aggiungendo una bestemmia a seconda dell'umore.
Per shagghizzarmi, aggiungo al racconto che dopo la tua meta sui cinque, qualcuno è riuscito ad acchiappare il pallone e ha impostato una ruck, Bacci ha aperto sulla chiusa saltando Max e me l'ha passata, il resto è tutta colpa di Claudiano jajaja!

Baci
The Brain
»
Per chi non è su Facebook, per chi non le ha avute da the Brain, per chi non sa come condividerle e per chi non è delle Orche, né di Recco, eccetera, le foto del tour Dubliners sono qui.

martedì 11 marzo 2014

Ireland's call III

Citazioni citabili:
«Terzo tempo con tramezzini e coca cola: una tristezza!»
(Sms di Alberto a chi chiedeva com'era andata)
«Ehi, la salma la lasciamo qua?»
(Qualcuno in camerata, alla sveglia di domenica mattina per la partenza verso casa, guardando Duro che ronfava ancora come un ghiro obeso)
«Il migliore è questo, il Johnnie Walker!»
(Matteo Embolo, all'assaggio presso la distilleria Jameson)
«ქაкъаული დამწერلات کوლობა  بر روی آن‌هاхиуб جمتاهی بهхьэ زبان зыыдэ. Хъырцэ тхыობაбзэм гъلێ‌وەردەگیرэщпێ. ئەم ئەلفوبێیە لەრთэр…»
(Fabio Nardi, a qualunque ora del giorno e della notte. Questo è solo un breve accenno dei suoi soliloqui)
«ლობა  بر روی آن‌هاхиуб جمتاهی بهхьэ زبان зыыдэ. Хъырцэ тхыობაбзэм гъلێ‌وەردەگیرэщпێ. ئەم ئەلفوبێیە لەრთэр»
(La sempre puntuale risposta di Shaggy ai soliloqui agli sproloqui di Silent assassin)
«Map, però in questa foto sembri proprio un anziano»
(Big Jim, commentando uno scatto di Micky)
«Grazie per la gentilezza, Big. Ma non lo sembro, lo sono…»
( Map, sconsolato)
Qualcuno, prima del match, ha detto loro: «Eventualmente, dopo ci ricucite», al che hanno risposto: «Certo, siamo perfettamente in grado di farlo». Ma il Biondo, rivolto al loro accompagnatore: «We'll not make prisoners…», ottenendo in risposta «Good stuff!»

lunedì 10 marzo 2014

Ireland's call II

Ancora qualche episodio della nostra partita che merita la citazione.
Uno dei nostri va in ruck, il mediano fa uscire a palla che arriva a me, in quel momento  schierato – più o meno – come secondo centro: faccio un paio di passi, vedo la linea e mi allungo sul terreno toccando oltre la linea stessa. Che ovviamente non era quella di meta, ma i cinque metri; qualcuno calcia via il pallone, batti e ribatti, Michele The brain riesce ad agguantarlo e a depositarlo altre la linea giusta. L'arbitro annulla, non si sa bene se per un 'avanti' precedente o per altri motivi. Ci rimane il grande dubbio che la meta fosse valida, ma va bene così: in fondo abbiamo stabilito un record, due mete in un'azione sola e neanche un punto raccolto. Io ho solo la (magra) consolazione che altri prima di me hanno 'fatto meta' sui cinque metri e comincio a pensare che sarò il prossimo detentore del (glorioso) Trofeo Mani di Merda.
Su un loro calcio d'invio, il pallone rimbalza ben dentro il campo ed esce. L'arbitro chiama la mischia al centro, ma il giudice di linea – Ale One man band, che non gioca per infortunio – segnala correttamente che si tratta di touche; l'arbitro cambia decisione e alcuni irlandesi ringraziano con applausi la correttezza del nostro coach.
Il (glorioso) Trofeo Mani di Merda è andato a Ivan Duro, con la seguente motivazione: "Per aver concesso grazie a un clamoroso errore uno spazio pari a un'autostrada a tre corsie alla loro ala che ha quindi segnato tranquillamente in mezzo ai pali".
Visto che abbiamo giocato la partita con gli irlandesi in superiorità numerica (non tutta, alla fine erano 15 pure loro, come già detto il più vecchio aveva 21 anni), vorrei citare i nomi di alcuni dei nostri che non erano presenti, per motivi vari: Zinzan Tolini, che ha dovuto annullare all'ultimo istante per motivi di salute; AleUgo, One man band, nostro coach presente all'evento ma impossibilitato a giocare per infortunio; Sergio Uomodelcerino, Gianluca Pilu, il Gaucho Claudiano, il trio dei genovesi: Francesco Trappola, Giancarlo Olly e Cristian Juggernaut, più altri ancora come Rinaldo, AleCrosta, Marione Bonfra, il Criceto.

domenica 9 marzo 2014

Ireland's call

Bene, il tour irlandese è terminato. Per un errore ho cancellato il post in cui ne parlavo, alla vigilia della partenza. Poco male, adesso è il momento del resoconto, per cui…
Iniziamo dal punto saliente del lungo week-end in Eire, la partita Orche vs Royal College of Surgeons in Ireland.
Nei giorni precedenti il nostro match eravamo sempre più preda di timori e dubbi, per una serie di motivi diversi. A un certo punto pareva che fosse proprio saltato tutto, ma alla fine i problemi si sono risolti (quasi da soli) e l'evento è stato soddisfacente.
I dubbi erano dati dalle richieste dei nostri avversari: autorizzazione da parte della Fir a giocare e coperture assicurative; i timori provenivano invece dal fatto che non si trattava di una squadra old. Alla fine l'autorizzazione non è stata richiesta, e l'assicurazione c'era (c'è). Restava lo scoglio della differenza di età, ma… …ma vediamo com'è andata.
Arriviamo al campo della prestigiosa scuola di medicina grazie al passaggio che ci hanno offerto sul loro pullman, assieme ad alcuni dei loro giocatori. Età media: vent'anni. La nostra è più che doppia; l'inizio subisce qualche ritardo, perché i nostri avversari sono solo tredici. Iniziamo lo stesso, altri si aggiungeranno nel corso della partita (finita con gli schieramenti completi). Ovviamente, la nostra superiorità numerica è ampiamente bilanciata dalla loro velocità; a questo punto non ci resta che affidarci all'esperienza, che per fortuna loro ancora non possono avere.
Così, dopo i primi minuti in cui ci mettono in affanno proprio con la velocità, riusciamo a metterli sotto pressione e a conquistare il pallone. Piano piano avanziamo, senza buttare via l'ovale in passaggi avventurosi ma andando in ruck e ripartendo, finché Carletto trova il varco giusto e siamo uno a zero per noi. La partita va avanti così, con azioni molto veloci da parte loro, che riusciamo bene o male quasi sempre a fermare, soprattutto non facendoli andare a terra sui placcaggi ma tenendoli alti e rubando quindi la palla. Il nostro capitano, per l'occasione Bacci (Embolo) riesce a raddoppiare e dopo qualche minuto è Big Jim Rotella a fare tre a zero. Prima della fine del primo tempo gli irlandesi accorciano: non creano il sovrannumero all'ala, ma il loro marcatore passa nel corridoio dei cinque metri a velocità supersonica. E chi li prende, quelli.
Seconda frazione di gioco sui binari della prima, con percussioni da parte nostra e aperture sulla linea dei backs: Carletto segna ancora e loro restituiscono il colpo con un'altra fuga sull'ala. Dopo i due tempi regolamentari, visto che avevamo ancora fiato (noi, loro si sapeva già da prima), torniamo in campo per altri dieci minuti. Ancora una meta per parte, la nostra segnata nuovamente da Carletto che perciò realizza un hat-trick, e risultato finale di 5 a 3 per noi. Tutte le paure della vigilia sono svanite, siamo ben felici di come è andata. (Continua domani e nei giorni seguenti)