le Orche

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giovedì 31 ottobre 2013

Viva il (Pussy) Doc

Questa sera un po' di festa, ma triste, ma anche no. Perché il Doc appende le scarpette al chiodo, dopo oltre quarant'anni di carriera rugbistica, tutta in mischia. Numero più alto sulla maglia, il sette. Quindi bisogna fargli un degno saluto, una bella festa. Ma se smette, la festa non sarà proprio così bella, un po' di malinconia. Ma anche no, perché il motivo della scelta è un intervento agli occhi. Ha già programmato l'acquisto di un paio di occhialini protettivi speciali, ideati forse per il soccer, ma andranno benissimo anche per il rugby football union, e che diamine!
Il vero problema, quando sarà, saranno i pantaloncini rossi, e poi viola e poi ancora, quelli oro.
Ma c'è tempo, c'è tempo.
A stasera.

giovedì 24 ottobre 2013

Tutti piloni

Me compreso.
Albe spiega l'esercizio e, nel migliore dei casi, al primo tentativo qualcuno si caga il pallone. Nel peggiore, lo fa cadendo e prendendo una calcagnata nei bassifondi. Ma tace e trattiene l'urlo fantozziano, forse perché si vergogna.

Esercizi facili, eh? mica roba da Player of the year: né Dan Carter, né Brian Habana. Quattro gruppi agli angoli di un quadrato, si corre dritti e si passa la palla. Facile no? Solo che ogni tanto, oltre al solito pallone che va da tutte le parti – rigorosamente da solo e non in mano a qualcuno – si assiste a qualche sportellata che manco a Vallelunga quando correvano le Abarth e le Giannini…

Oppure gli shuttle, corsa fino ai cinque metri, tocco a terra, indietro e tocco a terra, avanti e indietro così per cinque volte. Regolarmente alla terza qualcuno sbanda, o si ferma, oppure corre in cerchio; basta poco per fermare l'afflusso d'ossigeno al neurone, triste e solitario, che ci alberga nel cranio.

Per fortuna l'Uomodelcerino, uno dei pochi non–piloni, rallenta la tortu… l'allenamento con un po' di stretching. E per fortuna, non è indispensabile, nello stretching, riconoscere la destra dalla sinistra. Basta fare l'esercizio (più o meno quello proposto da Sergio) una volta da una parte e una dall'altra. Non giurerei di riuscire a farlo, io stesso, un numero pari di volte. Già faccio l'esercizio, dovrei anche contare?

Ogni tanto, AleUgo si mette d'impegno e spiega chiaramente cosa dobbiamo (dovremmo) fare, in linguaggio che anche un bambino può capire.
Già, un bambino. Ma un pilone?
Tutti piloni, anche i tre-quarti.

Ma la somma, il succo, il significato di tutto questo lo dà Piero in club–house: «Ma che cavolo di vita ho vissuto, prima di conoscervi?»

Sabato 16 novembre si gioca. A Recco, col Cus Pisa.
E vediamo di non esagerare con la pilonaggine.

venerdì 11 ottobre 2013

Dove si parla di muffa (con la 'f'), rispetto, M.d.M. e libri

– Nel post intitolato 'Il mare di Bering' parlo della moule, traducendo dall'inglese all'italiano come maglio. In realtà, la parola moule in inglese non esiste, e maglio si traduce mallet. Probabilmente, quando gli inglesi parlano di questa azione di gioco si riferiscono alla maul, e il dizionario Collins–Giunti traduce questo termine con sbranare, dilaniare. Abbiamo altresì il termine moule nella lingua francese, però vuol dire muffa ('Poffibile?', direbbe Pierino…)
– Ieri sera a guidare l'allenamento è stato il nostro Man of the Match Sergio Uomodelcerino. Dimostrando assai poco spirito rugbistico, non lo abbiamo rispettato come facciamo invece con Ale Ugo o Alberto. In compenso sono distrutto, oggi, e spero sia così anche per gli altri. Vuol dire che comunque lui ci ha fatto 'nu mazz tanto, a prescindere, e i fatti gli danno ragione.
– Dopo il torneo di Settimo Milanese, sull'onda dei successi ottenuti e distratti dalle prodezze extra rugbistiche di Ismaele–Shaggy non abbiamo eletto il nuovo Mani di Merda, quindi il precedente portatore del trofeo decade e il titolo rimane vacante.
– Ieri sera, in club-house dopo l'allenamento, parlavo di libri con Piero Reef (Helsinki, per i distratti) il quale mi ha detto (testuali parole): «Io a casa ho un mucchio di libri, veramente tanti, e li leggo pure! Non li uso solo per fare spessore quando serve». Ovviamente so che è vero, perché suo figlio un giorno gli ha detto: «Papà, tu dici che vai a lavorare, ma te ne stai lì seduto tutto il tempo a leggere e non fai altro, che lavoro sarebbe»?

mercoledì 9 ottobre 2013

Perché l'homo sapiens può definirsi così?

Metto in rete ancora una volta un brano di un testo inedito, brano che già pubblicai in altro sito internettiano, tempo fa. Qualche lieve modifica è stata apportata, rispetto all'originale; inoltre, qui come nel post precedente è stato per Big, non mi sto facendo bello con le parole di altri, è farina del mio sacco. Credo che quasi nessuno delle Orche lo abbia mai letto prima d'ora, per cui, enjoy it
 
Può darsi che correre dietro a un sacco pieno di vento sia un'attività stupida. Certamente lo è se lo si fa in gruppo, tutti in pantaloncini corti e con l'unico intento di sottrarre detto sacco a un altro gruppo similare per andare a depositarlo – ripetiamo: il sacco – in un particolare settore del prato su cui si sta per l'appunto sgambettando disinvoltamente in mutandoni. Volendo, è facilissimo rincarare la dose: sociologi, filosofi e dotti studiosi delle discipline più disparate hanno indagato per secoli (se non per millenni) cercando il quid che differenzi l'uomo dalla bestia.
"L'uomo è un animale sociale", tanto per cominciare dall'antica Grecia, oppure "È stato creato così perché fatto a immagine e somiglianza di dio". Di quale dio poi si tratti, in realtà non si è mai saputo con precisione, ma ci stiamo occupando di altro al momento.
Più di recente, è stata avanzata l'ipotesi che la capacità di ridere sia uno degli elementi realmente distintivi dell'essere umano; e in effetti, consci del fatto che il riso abbonda sulla bocca degli stolti, si potrebbe pensare che ciò abbia messo fine all'affannosa ricerca.
Il dubbio sorge (anzi: risorge) non appena vediamo l'espressione gaudente del nostro cane, quando rientra dal giardino, dove ha da poco seppellito con estrema soddisfazione un mezzo panino trafugato con abilità dal tavolo della cucina. Non solo il naso sporco di terra lo tradisce: c'è pure il suo sogghigno beffardo, rivelatore inequivocabile della malefatta e del divertimento tràttone.
Allora ci rivolgiamo ad argomenti più truci: "L'uomo è l'unico essere che uccide per divertimento". Ma non tutti gli uomini, e per fortuna, sono così: piuttosto va precisato come il limitatissimo numero di serial killer in circolazione (i quali, tra l'altro, non è detto si divertano poi tanto…) eviti l'estinzione della specie homo sapiens sapiens (per quanto, ciò potrebbe essere un bene per il pianeta Terra) e rivelandosi un'affermazione applicabile solo a un'esigua minoranza, decade immediatamente di validità.
Vediamo quindi come tutta questa faticosa, logorante, complicata speculazione abbia prodotto invero miseri risultati. E di conseguenza, essendo le risposte al quesito iniziale alquanto difformi e spesso in aperta contraddizione tra loro, ci vien da supporre che il problema sia innanzitutto assai lontano dall'essere risolto e in seconda battuta…
…che tutto sommato non sia nemmeno un problema.
Infatti, la soluzione esiste, ed è pure molto semplice: la vera, reale, sostanziale differenza tra l'essere umano e gli animali è il gioco del rugby. Il sacco di vento inseguito da trenta energumeni in braghette. La partita di scacchi giocata in velocità su un prato.
Va be', adesso non state a pignolare e a tirar fuori la storia dei giocatori di prima linea: sono quindici i componenti di una squadra, e dodici di loro non sono piloni o tallonatore. Per cui, la differenza tra l'uomo e la bestia è dimostrata, sia pure a maggioranza e non all'unanimità.
Si aggiunga a tutto questo che, molto spesso, in mezzo a quella frotta di persone (e abbiamo ormai stabilito che di creature pensanti si tratti, non di belve) che braccano una vescica di maiale (o almeno l'oggetto che ne ha preso il posto) troviamo fior di avvocati, medici, ingegneri, letterati e altri eruditi nelle scienze e arti più nobili. In combutta, pari tra i pari, con metalmeccanici, minatori, manovali senza specializzazione alcuna e altri che di lettere hanno esperienza solo perché – absit iniuria verbis – ne eseguono il recapito.
A lato di tutto ciò, il semplice e tuttavia clamoroso fatto per cui il qui presente blogger bastian contrario sia diventato felice e orgoglioso partecipe di una (o più) di tali equivoche compagnie, riesce pertanto a riappacificarlo in toto con l'universo mondo, crudo e patrigno, il quale troppo spesso gli nega la benché minima soddisfazione spirituale.
E spesso, ahimé, financo materiale.

lunedì 7 ottobre 2013

Un colpo da maestro (modestamente)

Bene, ho avuto in tasca per qualche anno la tessera da giornalista, e poi l'ho restituita, per una serie di motivi che esulano, assolutamente, da questo blog. Nel frattempo, una cosa l'ho imparata: farsi bello con le parole degli altri.
Però io ve lo dico, che degli altri sono, quindi vai con le citazioni:
Appena il mediano mette le mani sul pallone, voglio che la difesa salga come un branco di dobermann! (Ale One man band, preparandoci all'ultima partita)
Il nord ovest è come il mare di Bering, terreno di caccia per le Orche (AleCrosta, commentando il risultato del torneo di Settimo Milanese)
– Cazzo, per forza vincono, avete visto come gioca quel numero nove? (Anonimo giocatore degli Old Babbyons, riferito alla prestazione di Sergio Uomodelcerino)
Non c'è niente da fare, sono affiatati e organizzati meglio, e in moule vanno sempre avanti loro (Suo compagno di squadra, circa la spinta in moule delle Orche)
Lo sai perché ha segnato? Perché non ha passato il pallone all'ala… (Giocatore delle Orche dopo la prima meta di Max l'Eruoe)
– Un po' sto rosicando (Bacci, assente per Salone Nautico)
Anch'io (Raffa, assente per partita della prima squadra)
Ma quando finisce 'sto torneo, io voglio mangiare il panino con la salamella! (Figlia impaziente di un giocatore)
È venuto Shaggy? (Qualcuno in viaggio verso casa rivolto a quelli che invece ancora aspettavano l'autista del pulmino…)
Mi piacerebbe commentare un'immagine di ognuno di voi che ricordo negli sguardi incontrati in campo, ma posso riassumerla in poche parole: siete una grande squadra! (Sempre lui, Ale, assai dopo il torneo)
In pratica succede che, magari a causa di una maglietta o belinate simili, ti chiedono se giochi a rugby. E tu a dire: "Sì, cioè, no, giocavo, peraltro a livelli bassi, ora gioco quando capita con una squadra old, di vecchietti, in pratica un po' come giocare scapoli contro ammogliati… Sì, a Recco, ma noi con la prima squadra non abbiamo un cazzo a che fare, loro stanno su un altro pianeta..."
E così riconduci l'interlocutore a pensieri più miti, magari stava già a pensare che tu fossi uno serio, un rugbista vero. Poi ti capitano anche giornate come quella di sabato, durante le quali TUTTO, dalla colite pre-partita fino al fischio finale, passando per le parole iniziali di Teo e quelle lapidarie di Ugo, con in mezzo la tromba che suona il Silenzio in memoria delle vittime di Lampedusa, parla di quella roba lì, un po' strana, a volte sanguinolenta, che ci piace tanto, e non sto parlando della mussa, che quella ormai... Non siamo gli All Blacks, capitano Ugo, ci sforziamo di pensare come loro (e già questo a me costa grande fatica…), però a volte sembriamo proprio una squadra vera, con tutti i cazzi al posto giusto. Grazie a tutti. (Quel vecchio filibustiere di Big Jim, anche lui uso a farsi bello con parole di altri. Sul palcoscenico, però, ed è un'altra cosa)

domenica 6 ottobre 2013

Il mare di Bering

Ieri, sabato 5 ottobre, torneo a Settimo Milanese, al quale le Orche hanno partecipato; vediamo com'è andata partendo da una analisi del gioco.
Attacco – Inizio poco fluido; nella prima partita si sono create molte buone occasioni, tutte sprecate per un soffio. In genere era l'ultimo passaggio – quello destinato all'uomo 'in più' in fondo allo schieramento offensivo – ad andare perso. L'impressione, vedendo da fuori campo, era che ci fosse troppa precipitazione, troppa fretta di concludere col risultato di far cadere il pallone o di passarlo in avanti. A questo proposito, lode all'arbitro, sempre attento e preciso nel fischiare – e nel lasciar correre quando era il caso.
Così, la nostra prima meta (da Silvio Sniper) arriva all'ultimo istante, con l'arbitro che fischia la marcatura e la fine del match. Ma nelle due partite successive, pur con altri errori causati come sempre dalla foga agonistica, dalla voglia di fare alla svelta – o, come dice il nostro capitano Ale One man band, dall'orgasmo che ci prende quando siamo in campo – le fasi d'attacco hanno funzionato molto meglio e hanno fruttato altre sette mete.
Difesa – Questa ha funzionato alla grande: nessuna meta subita, e ciò basti. A dire la verità, non abbiamo quasi mai giocato dentro i nostri 22, e poco anche nella nostra metà campo. Quindi, non c'era la preoccupazione di dover fermare ad ogni costo l'avversario, perché la nostra linea di meta era sempre ad almeno 60 metri lontano, togliendo di dosso l'affanno che ci ha fatto sprecare tanti palloni in attacco.
Comunque, gli schemi suggeriti durante il riscaldamento da Ale (One man band, capitano, coach, coordinatore, motivatore, manca solo che faccia il portaacqua) hanno funzionato: appena il mediano avversario metteva le mani sulla palla, la nostra difesa saliva mettendo sempre una pressione incredibile e riuscendo molto spesso a rubare l'ovale.
Touche – Con la mischia no-contest, gli avanti hanno questa fase di gioco per mettersi in mostra; e ieri le cose sono andate abbastanza bene. A lanciare, esordio di Andrea Seal, che se l'è cavata bene; in ricezione, buona prestazione generale: qualcuna l'abbiamo rubata, sui lanci avversari, e anche quelle perse in genere non facevano partire azioni alla mano, anzi, spesso c'era il turn-over.
Moule – Parola inglese che significa 'maglio'. Anche quando erano gli altri a impostarla, l'avanzamento era sempre a nostro favore. Mentre ero a bordo campo, sentivo i commenti delle altre squadre: sulle moule concordavano tutti che era meglio lasciar perdere, tanto eravamo più forti noi…
Le partite – Iniziano, nell'altro girone, Old Babbyons VII Mi contro Olders Seregno e finisce 1–1; a seguire, le Orche Recco battono uno a zero gli Old Blacks A (causa forfait di Bergamo, i padroni di casa hanno messo in campo due formazioni). Come detto sopra, abbiamo sprecato molte occasioni, ma alla fine Silvio – schierato come mediano di mischia – ci ha messo una pezza, prendendo la palla da una ruck e volando in meta. Poi, zero a zero tra i Babbyons e Old Blacks B, mentre nella nostra poule Lecco vinceva 1–0 contro i Blacks A in un match con qualche scambio di opinioni piuttosto animato.
Terzo pareggio nell'altro girone, 0–0, tra Seregno e Blacks B, mentre noi vinciamo tre mete a zero con gli old lecchesi (Max l'eruoe, Sergio Uomo del cerino e Cristal gaucho Claudio).
A questo punto le finali: per il quinto posto, sfida casalinga tra gli Old Blacks A e B, finita se non ricordo male 1 a zero. Ma non so a chi attribuire la vittoria, sinceramente. Per il terzo posto, Seregno si impone agevolmente (3–0) su Lecco, e noi incontriamo per il primo posto i Babbyons, arrivati in finale per sorteggio.
Partita a senso unico, tutta giocata nella loro metà campo, con mete per noi di Chris Juggernaut due volte, Igor Shaggy e Max l'Eruoe.
I nostri compagni rimasti a casa per vari motivi si tenevano informati via WhatsApp: il commento più bello giunge da Ale Crosta: 'Il nord ovest come il mare di Bering, terreno di caccia per le Orche'.

martedì 1 ottobre 2013

Un mese dopo…

…il primo allenamento stagionale, le Orche parteciperanno al primo torneo stagionale.
Saremo in quel di Settimo Milanese, con gli Old Blacks e Lecco nel nostro girone, mentre dall'altra parte si scontreranno gli Old Babbyons, il Seregno e Bergamo.
Quindi, partite incrociate per stabilire la classifica finale: terza, seconda e prima dei due gironi disputeranno le finali per il quinto, terzo e primo posto.
Saremo in ventidue, salvo defezioni dell'ultima ora, numero che ci consente di affrontare l'impegno con una certa tranquillità; non posso evitare di citare tra i presenti Carletto e (ma non è il suo esordio) il Nano, che ha raggiunto i limiti di età per la prima squadra (ma ce la fa ancora benissimo, per nostra fortuna).
A sabato prossimo!